La casa di cura non può sottrarsi a responsabilità per la mancata acquisizione di consenso informato da parte del paziente.

Ciò dipende dalla centralità del diritto al consenso informato, che si configura quale vero e proprio diritto della persona, con rilievo costituzionale, mezzo per il perseguimento dei migliori interessi dell’individuo: è, infatti, grazie ad esso che il paziente può consapevolmente scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico, ma anche, nel caso, di rifiutare la terapia.

L’acquisizione del consenso informato, d’altro canto, costituisce prestazione accessoria – anzi, strumentale – rispetto all’obbligazione principale avente ad oggetto l’intervento terapeutico.

Per l’effetto, la struttura sanitaria risponde della sua omissione alla stregua del sanitario, indipendentemente dal fatto che questi sia o meno suo dipendente.

Lo ha ribadito la Corte Suprema di Cassazione con sentenza 1043, pubblicata il 17/1/2019, alla quale si rinvia.