Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 21479 del 31/8/2018.

 

Tizio e Caia avevano convissuto per qualche anno, in casa di proprietà di Lei.

Lui aveva contribuito con 100 milioni di vecchie lire alla ristrutturazione ed all’arredo di detta casa.

Terminata la relazione (dalla quale era anche nato un figlio), Tizio si era trasferito altrove e la casa era rimasta nella disponibilità esclusiva di Caia.

Essendo risultati vane le richieste informali, Tizio aveva adito l’autorità giudiziaria per veder accertato il proprio diritto di essere ristorato delle somme investite in quel bene.

Il Tribunale aveva rigettato la domanda, mentre la Corte d’Appello la aveva accolta.

I Giudici di Legittimità, infine, hanno confermato la pronuncia della Corte, evidenziando che:

  • l’esborso di Tizio era stato “significativo”, eppertanto estraneo ed ultroneo rispetto a quelli “resi necessari dalla condivisione della vita quotidiana”;
  • per l’effetto, il mancato recupero della relativa somma, una volta cessata la convivenza, configura ingiustificato impoverimento del solvens (l’uomo) e ingiustificato arricchimento dell’accipiens (la donna);
  • andava quindi confermata la condanna di Caia alla restituzione dell’equivalente in euro dell’importo a suo tempo pagato dal convivente per la ristrutturazione e l’arredo della casa.

 

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